L'ALTRO SCHILLACI: LA STORIA DI MAURIZIO, DALLA LAZIO A BARBONE.
L'INCREDIBILE STORIA DI ANTONIO MAURIZIO SCHILLACI, IL CUGINO DEL FAMOSO TOTO', CHE DALLA LAZIO E UN CONTRATTO MILIONARIO, PASSA ALLA DROGA PERDENDO LA PARTITA PIU' IMPORTANTE; QUELLA CON LA VITA. ADESSO E' UN BARBONE DIMENTICATO DA TUTTI.
DALL'OLIMPICO AL CIMITERO DEI TRENI!
LASCIA PERPLESSI LA STORIA DI MAURIZIO SCHILLACI, UN EX CALCIATORE NATO A PALERMO E CUGINO DI PRIMO GRADO DEL FAMOSO EX CENTRAVANTI DELLA NAZIONALE ITALIANA TOTO'. MAURIZIO HA PAGATO A CARO PREZZO GLI ERRORI CHE HA COMMESSO NELLA SUA TURBOLENTA VITA E ALLA FINE DELLA FIERA HA FINITO PER PERDERE TUTTO QUELLO CHE AVEVA. NIENTE PIU' MOGLIE, FAMIGLIA, AMICI, NIENTE DI NIENTE; ADESSO MAURIZIO, A 52 ANNI, E' UN BARBONE A TUTTI GLI EFFETTI E DALLA FAVOLA BELLA DELLA LAZIO E UN CONTRATTO QUADRIENNALE DA 500 MILIONI IN TOTALE, E' FINITO A DORMIRE IN UN VAGONE FERROVIARIO ABBANDONATO. COLPA DELLA DROGA, LA SFORTUNA MA ANCHE DELLA SUA SCARSA CAPACITA' A GESTIRE IL SUCCESSO.
Se parlando di calcio dici Schillaci tutti ti rispondono Salvatore, meglio noto come Toto', eroe delle notti magiche di Italia 90 nonchè ex calciatore del Messina di Zeman, della Juventus, dell'Inter e del Júbilo Iwata, una big del campionato nipponico.
In pochissimi invece sanno, e forse nemmeno ricordano, che nel mondo del calcio italiano di quei tempi c'era anche un'altro Schillaci, ossia Antonio Murizio, che di Totò era cugino di primo grado, e che di ruolo ricopriva quello del trequartista fantasioso.
La storia di Antonio Maurizio Schillaci è il triste esempio vivente di quanto possa essere spietato il mondo del calcio che tutto ti da e tutto ti toglie, e quanto sia facile rovinarsi, basta uscire dai gangheri un attimo come è successo a Maurizio.
Maurizio è coetaneo del cugino Salvatore, entrambi sono nati nel 1962, e insieme al cugino, fin da piccoli, avevano una irrefrenabile passione per il calcio, lo sport nazionale italiano che vide le strade dei due cugini dividersi: l'una verso la notorietà, l'altra verso la deriva umana.
Nato e cresciuto a "Il Capo", un noto e popolarissimo quartiere del centro storico di Palermo, Maurizio passava le sue giornate a combattere la povertà in cui versava la sua famiglia. Vivere in un contesto come quello non era facile e tra mille espedienti e l'arte di arrangiarsi, Maurizio, al pari del cugino, dimostra di saperci fare con il pallone e all'età di 17 anni anni esordisce in serie B con la maglia del Palermo, la squadra della sua città.
Con la maglia rosanero il ragazzo disputò soltanto 4 partite segnando ben due goal, ma fu il suo modo di giocare, quello classico del trequartista giocoliere e con tanta fantasia, a proiettarlo nei cuori della gente, che da sempre venera quel genere di calciatore, e nella mente di alcuni addetti ai lavori, specialmente Zeman, che nel 1984 lo volle fortemente nel suo Licata che all'epoca militava nel girone B del campionato di serie C-2.
Maurizio giocò nel Licata di Zeman disputando due grandi stagioni, ottenendo una promozione dalla serie C-2 alla Serie C-1 e disputando 66 gare segnando 22 goal.
Salito agli onori della cronaca grazie alla sua vena realizzativa pur non essendo un attaccante puro, viene notatato dagli uomini mercato della Lazio che nel 1986 lo acquistano dal Licata nonostante Zeman, nel frattempo passato alla sua prima esperienza foggiana, avesse fatto di tutto e di più per averlo con se.
E fu così che Maurizio si accasò alla Lazio firmando un contratto quadriennale da 500 milioni complessivi.
Ma la sua esperienza laziale termina dopo un solo anno con 11 presenze ma soprattutto con un infortunio che gli rovinerà la carriera.
Infatti i medici della Lazio non si resero conto della gravità di un infortunio subito da Maurizio e il ragazzo, che non riusciva a giocare più di 3/4 partite consecutive, fu spedito in prestito a Messina dove, oltre a suo cugino Totò, ritrova il suo mentore Zeman che nel frattempo aveva costruito la sua Zemanlandia sullo stretto.
Il periodo romano di Maurizio Schillaci fu costellato dal lusso sfrenato e dall'ebbrezza dei primi successi, probabilmente più grandi di lui, tanto che Maurizio cambiò ben 38 macchine!
Ma fu quell'infortunio al tendine mai curato dai medici laziali che finì per trascinarlo nel baratro, e fu così che Maurizio Schillaci vide spezzata la sua carriera all'indomani della partenza da Roma.
Infatti Maurizio non fece mai più ritorno alla Lazio e nemmeno in serie A, Roma, di fatto, sancì la fine dei suoi sogni e l'inizio del tunnel.
Successivamente, una volta approdato a Messina, dove fu seguito dalla a alla zeta a livello medico, lo staff sanitario della società giallorossa si rese conto che l'infortunio di Maurizio era assai più grave di quanto apparisse e che tutte le accuse di malato immginario, mosse dalla tifoseria, erano false perchè di fatto il ragazzo aveva un tendine bucato.
Ma il tempo è tiranno e passa in fretta e l'ormai ventisettenne sfortunato calciatore si accasa alla Juve Stabia che all'epoca disputava il campionato interregionale (l'odierna serie D). Con le "vespe" Schillaci rimase fino al Giugno del 1992, un periodo in cui la sua parabola personale e professionale intraprese una avvitamento verticale che portò l'ex promessa del calcio italiano alla deriva totale.
Durante il periodo trascorso a Castellammare Maurizio finì nel vortice della cocaina prima e dell'eroina poi e fu da lì che iniziò il suo viaggio senza ritorno verso la deriva umana e la perdita di tutto ciò che aveva.
Infatti il declino di Maurizio avvenne con la velcità di un lampo e nel giro di poco tempo perse tutto: moglie, famiglia, amici, speranze, denaro.
Infatti, parallelamente alla deriva della sua vita, Maurizio perse anche ogni contatto con il mondo del calcio e tutte le persone che quando giocava gli erano vicine, una alla volta sparirono tutte.
Anche i rapporti con suo cugino Totò si sono defilati fino ad arrivare allo zero assoluto, questo nonostante Maurizio abbia lavorato nella scuola calcio di Totò dove però, oltre agli scarsi guadagni, trovò la sfiducia della gente palermitana che non voleva assolutamente mandare i propri figli a farsi insegnare calcio da un drogato.
Quella della scuola calcio fu l'ultimo contatto di Maurizio con il mondo del pallone.
Maurizio adesso è un uomo invecchiato, provato dalle delusioni della vita e dall'abuso della droga, che comunque dice di non adoperare più.
Adesso, solo, senza più un soldo e nemmeno l'affetto dei propri cari, Maurizio sta vivendo di rimpianti e qualche pacca sulle spalle da parte di chi, quotidianamente, lo vede bazzicare la strada in cerca di qualcosa da mangiare.
Per lui la vita attualmente non ha più niente da offrire e pertanto Maurizio sta vivendo da barbone.
Insieme ad un altra ventina di senza tetto, Maurizio passa ogni santa notte all'interno di un vagone ferroviario sito all'interno di un luogo che tutti chiamano il cimitero dei treni.
Di Maurizio Schillaci restano i ricordi. Pagine sbiadite. Esultanze, sconfitte, sogni, certezze, dribbling, illusioni. “La droga è arrivata quando ormai ero un ex calciatore. Il doping? C’è stato sempre. Zeman è stato il primo a parlarne, poi non l’hanno fatto allenare per anni. A me consigliavano di prendere la creatina, mi sono fidato dei medici. Era proibita, ma l’ho saputo dopo. Soldi per aggiustare le partite? Solo una volta me li hanno proposti. Giocavo nel Licata, a Casarano, lo dissi subito a Zeman. Mi disse di rifiutare. Poi finì 0-0, prendemmo 8 pali… Ma a volte le partite si decidono in mezzo al campo, parlando…”. Ma a 52 anni Maurizio Schillaci fa ancora in tempo a dribblare la sfiga. Perché a volte basta una finta, un colpo di genio, per piegare l’avversario. “L’eroina per me non esiste più. Ho toccato il fondo ma ora voglio risalire. Ogni tanto guardo i bambini giocare in mezzo alla strada. Li osservo e mi piacerebbe dare un calcio a quel pallone…”.
Maurizio ai tempi della Lazio
Maurizio Schillaci adesso.